III DOMENICA DI QUARESIMA, CICLO B
Prima lettura – dal Libro dell’Esodo (20,1-17): Dio prende ancora una volta l’iniziativa di stabilire una RELAZIONE speciale con il suo popolo, un’alleanza – questo è ciò che ci ricorda la prima lettura della liturgia di oggi. Dio si mette in qualche modo alla nostra portata, si lascia prendere il cuore: «Io sono il Signore tuo Dio» e disegna davanti al popolo un’immagine di pace, giustizia e rispetto reciproco che conosciamo come il Decalogo. Può aiutarci a guardarlo non tanto come dei «comandamenti» quanto come delle «promesse»: Dio ci dice che se lo accettiamo come Signore e Dio tra noi non ci saranno furti, adulteri, bugie, tradimenti. L’alleanza è esigente, ma allo stesso tempo, mi protegge. Questa è una delle tante espressioni dell’amore di Dio per noi, suo popolo.
Salmo 18, 8. 9. 10. 11: Il salmo è un canto pieno di gratitudine per la legge con cui il Signore ci istruisce. L’esperienza che il salmista ci trasmette può essere vissuta anche da noi ricordando la nostra RELAZIONE con Lui: ricordando quelle circostanze in cui la Parola di Dio è stata per noi «riposo», la «luce» che il Signore ci ha dato nei momenti di dubbio o di buio, assaporare la «dolcezza» che abbiamo sperimentato nella nostra relazione con Dio… È un invito a cantare con il cuore «Signore, tu hai parole di vita eterna».
Seconda lettura – dalla prima lettera dell’apostolo San Paolo ai Corinzi 1, 22-25: San Paolo ci ricorda ancora una volta che l’orizzonte del tempo quaresimale che stiamo vivendo e della nostra vita di fede non è una maggiore saggezza o l’aver percepito dei segni. Ma, è Cristo crocifisso. La fede è essere in RELAZIONE con «un Cristo che è potenza di Dio e sapienza di Dio». Questa è la chiamata comune di tutti i cristiani.
Vangelo secondo San Giovanni 2,13-25:
La pericope che abbiamo ascoltato in questa terza domenica di Quaresima è una delle più conosciute. Forse perché raramente vediamo Gesù indignato o addirittura arrabbiato come in questa scena. Ci viene presentato Gesù che, in compagnia dei suoi discepoli, pochi giorni prima della Pasqua, arriva a Gerusalemme e trova «un mercato» nel tempio. Conosciamo la sua reazione: getta gli animali fuori dal tempio, sparge le monete, rovescia i tavoli dei cambiavalute. Perché? Perché il tempio è «la casa del Padre mio» e la RELAZIONE con Dio non si può comprare.
Contemplare
Gesù e i suoi discepoli salirono a Gerusalemme, probabilmente cantando, come era abitudine dei pellegrini, uno dei salmi: «Quale gioia quando mi dissero: «Andiamo alla casa del Signore (…) per celebrare il nome del Signore»» (Sal 122:1,4). Ma se proviamo a unirci con tutto il cuore al gruppo dei discepoli di Gesù che entrano nel tempio con il loro Maestro, forse riusciremo a percepire quanto egli si sentisse strano nel tempio. In Gesù Dio viene «fino in fondo» della nostra umanità. Gratuitamente. Anche «nonostante tutto». E l’umanità non cerca di «celebrare il nome del Signore», ma di comprarlo. Il tempio che doveva essere segno dell’alleanza con Dio (relazione!) diventa «un mercato». L’evangelista ci dice che i discepoli, mentre osservano Gesù, ricordano un altro salmo molto diverso: «Lo zelo della tua casa mi divora» (Sal 69,10). Se i discepoli di Gesù entrassero oggi con noi nel nostro tempio, nel nostro luogo di incontro con Dio, quale salmo canterebbero? Cosa canterebbero entrando nel nostro cuore?
Se leggiamo attentamente il testo, possiamo vedere che ciò che è direttamente colpito dall’indignazione di Gesù sono le pecore, i buoi, le monete, i tavoli dei cambiavalute e forse i banchi dei venditori di piccioni. Cose. Non le persone. Per le persone c’è sempre posto nella casa del Padre. Con il suo gesto Gesù chiarisce che nella relazione con Dio non abbiamo bisogno di contrattare, di scambiare qualcosa per i suoi favori. Dio desidera una RELAZIONE personale con noi. Vuole che «celebriamo il suo nome» e che gli permettiamo di godere di noi. E che la nostra vita sia accesa, illuminata, abbellita dalla relazione con Lui.
La parola «tempio» compare più volte nella pericope di questa domenica. San Giovanni sottolinea la differenza di comprensione del suo significato tra gli ebrei e Gesù. I primi parlano di un edificio costruito da 46 anni che ha sostituito i precedenti. Gesù parla prima della «casa del Padre mio» e poi del «tempio del suo corpo». I primi sono passati dal considerare il tempio come luogo di incontro con Dio a trasformare la religione in commercio e il tempio in un mercato. Ed è anche una tentazione per noi quella di voler «guadagnare i favori di Dio» a forza di… Gesù sottolinea, in questo suo gesto profetico, che ora non è un edificio, ma lui stesso il luogo dell’incontro con il Padre.
E naturalmente abbiamo bisogno di spazi concreti (chiese, cappelle, oratori…) che ci aiutino a pregare. Ma il loro ruolo è proprio quello di facilitare il silenzio e l’incontro in comunione con fratelli e sorelle, per entrare nel cuore di Gesù e con Lui nel cuore del Padre nello Spirito Santo. Lì ci troviamo tutti: in RELAZIONE con Gesù, nel suo cuore.
Invito:
Tutta la liturgia della Parola di questa domenica ci fa un invito a rivedere la nostra RELAZIONE con Dio. E forse ci farà bene non tanto pensare, quanto chiedere a Gesù cosa ci direbbe oggi. Forse anche nel nostro cuore c’è un bue (o una piccola moneta luccicante…) con cui vogliamo contrattare con Dio. È bene che ci lasciamo ricordare da Gesù che il suo amore è gratuito, misericordioso e va fino all’estremo, oltre la nostra miseria. Guardiamo a Gesù crocifisso e impariamo da lui com’è Dio (e com’è una persona pienamente umana).
S. Alicja Grzywocz , tc
Provincia di Nazaret