Olimpiadi: un segno di speranza e fratellanza universale All’insegna del sano agonismo

Poco tempo dopo l’apertura dei Giochi Olimpici di Tokyo, il Papa espresse il suo auspicio che, in questo tempo di pandemia, le Olimpiadi fossero “un segno di speranza e fratellanza universale all’insegna del sano agonismo”.

E in realtà, questo evento ha regalato forti emozioni e tante storie di uomini e donne provenienti da paesi lontani cha hanno fatto gesti il cui valore va ben oltre la performance sportiva e di paesi che hanno saputo dare testimonianza della speranza e fratellanza universale desiderata dal Papa. Di questi gesti vogliamo ricordarne alcuni.

Gli atleti sudsudanesi, (un paese povero e provato da gravi conflitti interni), dovuto all’emergenza sanitaria, sono rimasti in Giappone per un altro anno, grazie a una raccolta fondi dei cittadini di Maebashi. Il sudafricano Dallas Oberholzer, in gara nello skateboard, cominciò ad allenarsi negli anni dell’apartheid e nel suo Paese usa la tavola con le rotelle per coinvolgere i bambini dei quartieri difficili e tenerli lontani dalla droga e dalle bande.  Diversi atleti hanno vinto  medaglie per paesi che li hanno accolti come profughi o immigrati dando prova di una grande integrazione nel paese e di una gran forza di volontà: tra essi ricordiamo il velocista italiano Fausto Desalu, figlio di una donna nigeriana che lo ha cresciuto da sola in Italia lavorando come badante in una famiglia che con affetto ha condiviso la gioia della vittoria di suo  figlio Fausto.  

Nelle Olimpiadi di Tokyo, anche piccoli stati come Bermuda, Porto Rico e San Marino, hanno mostrato il loro valore conquistando per la prima volta qualche medaglia e dunque, in certo senso, i Giochi hanno ridisegnato la geografia dell’agonismo mondiale

E per la prima volta, come segno di speranza, ai Giochi ha partecipato una nazionale che non rappresenta un Paese, ma oltre 82 milioni di persone, costrette a lasciare le loro case a causa di discriminazioni e guerre: la nazionale dei rifugiati, persone che, nella vita reale, hanno spesso dovuto correre ‘una maratona ad ostacoli’ tra guerre e dittature ed a Tokyo hanno portato un segno di speranza.

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